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Anche se non investi, stai già investendo. Riccardo Spada
Gli strumenti finanziari (asset, in inglese) sono le attività con cui è possibile investire i propri soldi. Due variabili che caratterizzano un investimento in uno strumento finanziario sono rendimento e rischio.
Il rendimento è il possibile guadagno dell'investimento e si esprime solitamente in percentuale sul capitale. Un rendimento del 7% annuo incrementa un capitale iniziale di 100 di 7 unità in un anno.
Il rischio è commisurato alla variazione del prezzo dello strumento finanziario, ovvero alla sua volatilità misurata in termini di (o scarto quadratico medio). Misura la possibilità di perdita del capitale investito.
Una legge fondamentale degli investimenti è che rendimento e rischio sono positivamente correlati: maggiore è il possibile rendimento dell'investimento, maggiore sarà il possibile rischio di perdita del capitale. Tipicamente si misura il rendimento per unità di rischio, ovvero il rapporto tra rendimento e rischio, chiamato anche indice di Sharpe.
Partendo dall'assunto che nessun investimento è privo di rischio, l'obiettivo è costruire un portafoglio di asset finanziari che:
fissato un rischio tollerabile, massimizza il rendimento, oppure
fissato un rendimento atteso, minimizza il rischio.
Gli strumenti finanziari che tratteremo dopo alcune premesse sono:
Il tasso di riferimento, come il tasso sui Fed Funds della Federal Reserve (FED) negli Stati Uniti o il tasso principale di rifinanziamento della Banca Centrale Europea (BCE), è uno strumento chiave per influenzare l'economia. Le banche centrali variano i tassi di interesse per mantenere un equilibrio tra inflazione, crescita economica, occupazione e stabilità finanziaria. Ecco le ragioni principali per cui variano:
Per controllare l'inflazione
Obiettivo: Le banche centrali cercano di mantenere l'inflazione entro un intervallo target, solitamente intorno al 2%.
Quando i tassi diminuiscono servono a stimolare l’economia:
Prestiti e mutui diventano più economici.
Le persone e le aziende spendono di più.
Questo può aumentare l'inflazione se è troppo bassa o negativa (deflazione).
Quando i tassi aumentano servono a raffreddare l’economia:
Prestiti e mutui diventano più costosi.
Le persone e le aziende spendono meno.
L'inflazione rallenta.
Per gestire la disoccupazione
Tassi bassi incentivano le aziende ad assumere perché finanziare i loro investimenti diventa meno costoso.
Tassi elevati possono frenare l’occupazione perché i costi di finanziamento aumentano.
Per stabilizzare i mercati finanziari
Rischi di bolle speculative: se i tassi sono troppo bassi per troppo tempo, possono creare bolle nei mercati finanziari (ad esempio, immobiliari o azionari). L'aumento dei tassi può mitigare questi rischi.
Crisi finanziarie: durante una crisi, le banche centrali possono ridurre i tassi per iniettare liquidità nel sistema e prevenire il crollo dei mercati.
Per influenzare il valore della valuta
Tassi alti: rafforzando la valuta e attraggono investitori stranieri e le importazioni (pagate nella valuta domestica)
Tassi bassi: riducono indeboliscono la valuta, favorendo le esportazioni (pagate in valuta straniera)
Alcuni esempi recenti:
Tassi in calo (2020): durante la pandemia di COVID-19, i tassi sono stati ridotti ai minimi storici per stimolare l’economia in crisi.
Tassi in aumento (2022–2023): la FED e la BCE hanno aumentato i tassi per combattere l’elevata inflazione causata dalla pandemia e dai costi energetici (es. guerra in Ucraina).
Al momento (2024-2025) la BCE e in minor misura anche la FED stanno progressivamente riducendo i tassi perché l'inflazione è rientrata nei parametri
Gli investimenti seguono la legge dell'interesse composto, ovvero della crescita esponenziale. Il nostro cervello comprende bene la crescita lineare ma ha difficoltà a capire l'incremento esponenziale. Questo crea diversi bias cognitivi che portano ad errate valutazione sugli investimenti.
Facciamo un esempio. Supponiamo di avere un foglio infinitamente grande di spessore un millimetro. Quante volte dovremmo piegarlo su sé stesso per colmare la distanza tra terra e luna? Solo 39 volte! La distanza terra luna è di 384,400 kilometri, ovvero 384,400,000,000 millimetri, e il logaritmo in base 2 di questa distanza in millimetri è circa 38.48. Dunque con 39 piegamenti del foglio siamo abbondantemente arrivati sulla luna.
La formula dell'interesse composto è la seguente:
dove:
M è il montante, ovvero il capitale a scadenza
C è il capitale investito
r è il tasso di interesse per periodo (ad esempio, 0.07 per il 7% annuo)
t è il tempo espresso in numero di periodi (ad esempio 10 anni)
Ne deriva che:
Ad esempio:
un capitale di 100 investito al 7% annuo per 10 anni diventa a scadenza
un capitale di 100 svalutato per una inflazione del 3% annuo per 10 anni diventa a scadenza
Per calcolare il valore futuro per un investimento con pagamenti periodici e interesse composto si usa la formula
Dove:
C è l'importo del pagamento periodico
r è il tasso di interesse per periodo
t è il numero totale di periodi
Dunque:
Ad esempio:
un capitale di 100 investito mensilmente al 6% annuo (quindi 0.5% al mese) per 10 anni (quindi 120 mesi) diventa a scadenza
il tempo in mesi che serve per ottenere 100,000 investendo 100 al mese al 6% annuo è mesi, ovvero circa 30 anni
Altra cosa che il nostro cervello non comprende bene sono le percentuali. Se un investimento perde il 20% del suo valore, quanto deve guadagnare per ritornare alla pari? Il 20%? No, il 25%. Un investimento di 100 che perde il 20% varrà 80, e deve guadagnare il 25% di 80, ovvero 20, per tornare a 100. L'apparente paradosso sta nel fatto che la seconda percentuale è calcolata su un numero inferiore (il capitale svalutato), quindi dovrà essere progressivamente più grande. In generale, se un investimento perde , dovrà fare:
per ritornare alla pari.
Qualche esempio:
Se perdo il 10% (r = 0.1), devo fare più dell'11% (s > 0.11) per tornare alla pari
Se perdo il 20% (r = 0.2), devo fare il 25% (s = 0.25) per tornare alla pari
Se perdo il 30% (r = 0.3), devo fare più del 43% (s > 0.43) per tornare alla pari
Se perdo il 50% (r = 0.5), devo fare il 100% (s = 1) per tornare alla pari
Se perdo il 90% (r = 0.9), devo fare il 900% (s = 9) per tornare alla pari
Notate che:
ovvero quello che devo recuperare diventerà infinitamente più grande maggiore è la quota di investimento che perdo.
Questo ci dice che investire in qualcosa di estremamente rischioso che può perdere gran parte del suo valore può essere devastante per il nostro portafoglio, nel senso che potrebbe volerci un sacco di tempo (forse infinito) affinché recuperi queste perdite.
La liquidità è il denaro non investito nella valuta del proprio Paese (Euro, nel nostro caso). Se non investita, tipicamente viene depositata su un conto corrente di una banca, generalmente privo di remunerazione (ovvero, con rendimento nullo). Il rischio in tal caso non è nullo, ma comporta la perdita di tutto o parte del capitale in caso di fallimento della banca. Occorre ricordare che in caso di fallimento la liquidità fino a 100000 Euro per depositante per banca è garantita dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Oltre a questa soglia, i soldi possono essere persi a fronte di un fallimento.
La liquidità non investita è inoltre erosa dall'inflazione. Supponendo un tasso di inflazione del 3% annuo, usando la formula dell'interesse composto, dopo 22.75 anni il capitale viene dimezzato. Un capitale di 100 al tasso del 3% di inflazione annua subisce la seguente svalutazione:
vale 74 dopo 10 anni
vale 54 dopo 20 anni
vale 40 dopo 30 anni
vale 30 dopo 40 anni
vale 22 dopo 50 anni
vale 5 dopo 100 anni
La liquidità può essere remunerata mettendola in un conto deposito ad un tasso di interesse prestabilito. Il conto deposito può essere vincolato (non è possibile prelevare) o svincolabile al bisogno (di solito perdendo gli interessi)
La tassazione degli interessi percepiti sui conti deposito è del 26%.
Possiamo usare la liquidità per comprare valute a corso legale straniere, come il Dollaro USA, lo Yen Giapponese o il Franco Svizzero. In tal caso è possibile guadagnare o perdere dalle oscillazioni del cambio (il mercato valutario è detto Forex - foreign exchange market).
Il cambio valuta è soggetto ad uno spread, ovvero una differenza di prezzo tra acquisto e vendita della valuta (acquisto ad un prezzo superiore a quello di vendita e lo spread è positivo). Lo spread rappresenta un costo implicito per la compravendita di valuta. Ad esempio supponiamo che in un dato momento:
vendo EUR per comprare USD al cambio (chiamato sell) EUR/USD di 1.10. Se vendo 100 EUR ottengo 100 * 110 = 110 USD
acquisto EUR vendendo USD al cambio (chiamato buy) EUR/USD di 1.12, ottenendo 110 / 1.12 = 98.21 EUR
lo spread è buy - sell = 1.12 - 1.10 = 0.02 e ho avuto un costo di 1.79 EUR
La tassazione delle eventuali plusvalenze sul Forex è del 26% ma si ha solo nel caso in cui la giacenza in valuta nei depositi e conti correnti complessivamente sia superiore a 51,645.69 euro per almeno 7 giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta in cui la plusvalenza è stata realizzata.
Un’obbligazione è uno strumento di debito che rappresenta un prestito effettuato da un investitore a un emittente, come uno Stato o un'azienda. È un contratto attraverso il quale l’emittente raccoglie capitale e si impegna a restituire il capitale iniziale (detto valore nominale) ad una determinata scadenza e a pagare periodicamente un interesse (chiamato cedola) agli investitori.
Ad esempio se ho investito 100 in un titolo di Stato con scadenza tra 5 anni che prevede il pagamento di una cedola semestrale del 2%, ogni semestre riceverò una cedola pari a 2; alla scadenza dei 5 anni avrò un capitale di . Una cosa impostante da notare è che l'interesse non è composto, a meno che l'investitore non reinvesta di sua volontà la cedola. Ad esempio, il secondo semestre la cedola del 2% maturerà su 100 e non su 102.
Le obbligazioni sono tipicamente emesse ad un valore nominale alla pari (ovvero a 100) sul mercato primario. L'obbligazione dopo l'emissione primaria viene scambiata sul mercato secondario ad un prezzo che può essere diverso dal valore nominale. In questo modo un investitore può vendere o comprare il titolo in un qualsiasi momento. Occorre però fare attenzione che i prezzi delle obbligazioni di una zona geografica sono inversamente correlati ai tassi di interesse (costo del denaro) decisi dalle banche centrali di quella zona, ad esempio la BCE in Europa e la FED negli USA. In generale, all'aumentare dei tassi di interesse i prezzi delle obbligazioni scendono e viceversa.
Facciamo un esempio. Un BTP italiano viene emesso a 100 con una cedola semestrale del 2%. Dopo l'emissione, la BCE alza i tassi di interesse. Le future emissioni del BTP godranno dunque un tasso di interesse maggiore, quindi per compensare questo incremento del tasso di interesse il prezzo del BTP già emesso dovrà scendere in proporzione sotto la pari (cioè sotto 100), ovvero dovrà essere ceduto con uno sconto, in maniera che per un investitore sia indifferente comprare le vecchie o nuove obbligazioni statali. Al contrario, se la BCE diminuisce i tassi di interesse, il BTP aumenta il suo prezzo sopra la pari. Questa variazione del prezzo è indifferente all'investitore che porterà a scadenza l'obbligazione, tanto questa sarà sempre rimborsata alla pari. Ma non lo è per l'investitore che si troverà costretto a vendere l'obbligazione prima della scadenza perché ha bisogno dei soldi. In particolare, se il titolo di debito ha subito un deprezzamento (perché i tassi sono aumentati), l'investitore venderà l'obbligazione in perdita. Altrimenti potrà ottenere un profitto.
Le obbligazioni possono essere:
Titoli di Stato (government bond): emessi dai governi per finanziare il debito pubblico. Esempi: BTP (Italia), Treasury Bonds (USA), Bund (Germania).
Obbligazioni societarie (corporate bond): emesse da aziende per finanziare la propria attività commerciale. Più rischiose rispetto ai titoli di Stato, ma con rendimenti più alti.
I rischi di una obbligazione sono due:
deprezzamento (se non portate a scadenza)
fallimento dell'emittente. In tal caso il capitale investito è perso in parte o interamente.
Il livello di rischio delle obbligazioni viene classificato in base a diversi fattori, tra cui il tipo di emittente, il rating creditizio, e la durata e il tipo delle obbligazioni.
Secondo il tipo di emittente:
Governative:
Rischio basso: Titoli di Stato di paesi sviluppati con rating elevati (es. Treasury USA, Bund tedeschi)
Rischio moderato: Titoli di paesi emergenti o con rating inferiori (es. Grecia, Argentina)
Corporate:
Rischio basso-moderato: Obbligazioni di aziende solide
Rischio alto: Obbligazioni emesse da aziende speculative o in settori instabili
Secondo il rating creditizio:
Investment grade (basso rischio): Rappresenta emittenti con alta affidabilità creditizia, classificati come AAA, AA, A, BBB (secondo S&P e Fitch)
Speculative grade o high-yield o junk bond (alto rischio): Obbligazioni con maggiore probabilità di default, ma che offrono rendimenti più alti, classificati come BB, B, CCC, CC, C, D (secondo S&P e Fitch).
Secondo la scadenza (duration), che misura la sensibilità del prezzo di un'obbligazione alle variazioni dei tassi di interesse:
Breve termine (1-3 anni): Rischio basso, meno sensibili alle variazioni dei tassi, adatti a contesti di incertezza sui tassi di interesse.
Medio termine (3-10 anni): Rischio moderato, più sensibili alle variazioni dei tassi rispetto a quelle a breve termine.
Lungo termine (10+ anni): Rischio alto, molto sensibili ai cambiamenti dei tassi di interesse.
Secondo il tipo di obbligazione:
Obbligazioni ordinarie: Rischio medio, legato principalmente alla solvibilità dell'emittente.
Obbligazioni subordinate: Più rischiose, poiché in caso di default vengono rimborsate dopo le obbligazioni ordinarie.
Obbligazioni convertibili: Rischio medio-alto, poiché includono un'opzione di conversione in azioni.
La tassazione sui titoli di stato (Italiani o esteri inseriti in una white list) è agevolata al 12.5%, in quanto servono per finanziare il debito pubblico, mentre quella sulle obbligazioni societarie è del 26%. Questa tassazione colpisce sia le cedole che l'eventuale plusvalenza se ho venduto il titolo ad un prezzo maggiore dell'acquisto. Una eventuale minusvalenza può essere compensata con plusvalenze future (entro i 4 anni d'imposta successivi). Da notare che le cedole emesse da Stati o società estere possono essere soggetti a doppia tassazione (la prima all'estero, la seconda in Italia), ma esistono meccanismi per ridurre o eliminare questo effetto, grazie alle convenzioni contro la doppia imposizione fiscale stipulate dall’Italia con molti Paesi. E' quindi preferibile investire in strumenti (tipo ETF) che accumulano gli interessi sulle cedole piuttosto che distribuirli.
Le azioni rappresentano una quota di proprietà di una società. Quando acquisti un’azione, diventi azionista, ossia un proprietario di una piccola parte della società. Questo ti dà il diritto di partecipare ai profitti della società (sotto forma di dividendi, se distribuiti) e a eventuali aumenti di valore dell’azienda.
Il prezzo di un’azione è determinato dalla domanda e offerta sul mercato ed è influenzato dalla performance dell’azienda, dalle prospettive future e dalle condizioni economiche generali. Le azioni di società quotate possono essere comprate e vendute facilmente sui mercati finanziari (mercato secondario). Più raramente, le azioni possono essere comprate quando un'azienda le emette con una Offerta Pubblica Iniziale (IPO) ad un prezzo pre-determinato (mercato primario).
E' possibile guadagnare con le azioni in due modi:
Aumento del prezzo dell'azione. Se compri un’azione a 100 e successivamente il suo prezzo sale a 120, puoi vendere e realizzare un guadagno di 20 per azione.
Dividendi. Alcune società distribuiscono parte dei loro utili agli azionisti sotto forma di dividendi, che rappresentano un reddito periodico. Ad esempio, se possiedi 100 azioni di una società che paga 2 di dividendi per azione, ricevi 200. Altre società preferiscono reinvestire i dividenti, che quindi non sono distribuiti ma contribuiscono ad aumentare il valore dell'azienda e quindi del prezzo delle azioni.
I rischi di una un investimento azionario sono due:
deprezzamento dell'azione. Da notare che a differenza delle obbligazioni, le azioni non hanno una scadenza e non c'è alcuna garanzia di rivedere il capitale investito alla scadenza. Inoltre, le azioni hanno tipicamente una volatilità maggiore delle obbligazioni, quindi il possibile rischio e rendimento sono più alti.
fallimento dell'emittente. In tal caso il capitale investito è perso in parte o interamente come per le obbligazioni. Gli obbligazionisti però vengono pagati prima degli azionisti, poiché le obbligazioni rappresentano un debito dell’azienda, mentre le azioni rappresentano una quota di proprietà. Quindi gli azionisti ricevono un eventuale rimborso solo se tutte le obbligazioni e i debiti sono stati saldati.
Le azioni growth e value rappresentano due stili di investimento distinti, con caratteristiche, rischi e potenziali di rendimento diversi. Le azioni growth corrispondono ad aziende con un alto tasso di crescita degli utili, dei ricavi o del valore di mercato. Solitamente non distribuiscono dividendi, poiché reinvestono i profitti per accelerare la crescita. Hanno multipli di mercato (ed esempio il P/E, ovvero price per earnings, il prezzo per utile delle azioni) alti rispetto alla media del settore e generalmente appartengono al settore della tecnologia. Esempi sono Tesla, Amazon, e Google (Alphabet).
Le azioni value operano in settori maturi e consolidati (energia, finanza, beni di consumo), con una crescita più lenta. Spesso pagano dividendi regolari, attirando investitori che cercano reddito. Sono considerate economiche rispetto ai fondamentali, avendo multipli di mercato inferiori rispetto alla media. Esempi sono aziende come Johnson & Johnson, Procter & Gamble, e ExxonMobil.
Altra classificazione associata al rischio consiste nella capitalizzazione:
Small-cap : Piccole aziende emergenti, alta volatilità, ma con potenziale di crescita significativo; meno liquidità.
Mid-cap: aziende in espansione, crescita potenziale e rischio intermedio
Large-cap : aziende stabili e consolidate, con rendimenti meno volatili.
In Italia, la tassazione delle azioni si applica sia ai guadagni derivanti dalla vendita delle azioni (plusvalenze, ovvero la differenza positiva tra prezzo di vendita e di acquisto) sia agli dividendi ricevuti, in entrambi i casi al 26%. Le minusvalenze possono essere compensate con altre plusvalenze per 4 anni. Attenzione che come per le cedole delle obbligazioni i dividendi emessi da società estere possono essere soggetti a doppia tassazione (la prima all'estero, la seconda in Italia), ma esistono meccanismi per ridurre o eliminare questo effetto, grazie alle convenzioni contro la doppia imposizione fiscale stipulate dall’Italia con molti Paesi. E' in generale quindi preferibile investire in aziende che reinvestono i dividendi.
Le materie prime (commodities) sono beni fisici fondamentali utilizzati nella produzione di altri beni e servizi. Investire in materie prime significa prendere posizione su beni come oro, argento, petrolio, gas naturale, grano, caffè e altro. Sono una classe di asset unica, spesso utilizzata per diversificare un portafoglio.
I metalli preziosi, soprattutto l'oro, sono utilizzati come beni rifugio in tempi di incertezza economica e instabilità geopolitica.
Le materie prime legate all'energia, come petrolio (Brent e WTI), sono altamente influenzati dalla domanda globale e dalle tensioni geopolitiche.
Le materie prime agricole, come grano, mais, caffè, soia, zucchero, cacao, dipendono da fattori stagionali e climatici.
I metalli industriali, come rame, alluminio, nichel, sono utilizzati nella produzione industriale e spesso correlati alla transizione ecologica
Le materie prime sono utili come diversificazione del portafoglio, in quanto spesso il loro valore non è correlato a quello delle azioni e obbligazioni, rendendole un’ottima aggiunta per ridurre il rischio complessivo. Inoltre, i prezzi dei metalli preziosi tendono a salire durante i periodi di inflazione elevata o di crisi geo-politica, offrendo una protezione contro la perdita di potere d’acquisto. A differenza di azioni (dividendi) o obbligazioni (cedole), le materie prime non generano reddito passivo.
E' possibile investire in materie prime comprando ETC (Exchange-Traded Commodities): strumenti finanziari simili agli ETF, ma specifici per singole materie prime.
I rischi associati all'investimento in materia prime sono l'oscillazione del prezzo e il rischio emittente. In particolare gli ETC rappresentano un’obbligazione del fornitore dell’ETC, il che significa che l’investitore deve sostenere il rischio dell'emittente. Per mitigare questo rischio, gli emittenti degli ETC utilizzano diversi metodi di collateralizzazione, ovvero acquistano e detengono il sottostante quando possibile (metalli preziosi).
La classificazione del rischio delle materie prime è meno netta rispetto ad azioni e obbligazioni e dipende da fattori geopolitici, climatici e speculativi. La tabella che segue contiene una classificazione del rischio per categoria delle materie prime:
Categoria
Esempi
Livello di rischio
Motivazioni
Energia
Petrolio, gas naturale, carbone
Molto alto
Estremamente volatile a causa di fattori geopolitici, climatici e speculativi.
Metalli preziosi
Oro, argento, platino
Moderato
Relativamente stabili, spesso considerati beni rifugio (specialmente l'oro).
Metalli industriali
Rame, alluminio, nichel, litio
Alto
Dipendono fortemente dalla domanda industriale e da innovazioni tecnologiche.
Materie prime agricole
Grano, mais, soia, caffè, zucchero
Alto-molto alto
Sensibili a condizioni climatiche, stagionalità e politiche commerciali.
Bestiame
Bovini, suini
Moderato
Dipendono da cicli produttivi e domanda alimentare, ma con volatilità meno estrema rispetto ad altre categorie.
La tassazione sulle eventuali plusvalenze generate dalla vendita dell'ETC è del 26%. Inoltre, il trattamento fiscale degli ETC in Italia è favorevole rispetto agli ETF. Infatti eventuali minusvalenze generate da ETC sono compensabili anche con plusvalenze degli stessi strumenti, cosa che non avviene per gli ETF.
Le criptovalute sono valute digitali decentralizzate basate sulla tecnologia blockchain, che permette transazioni sicure, trasparenti e senza bisogno di intermediari. Le più famose sono bitcoin (BTC) sulla blockchain Bitcoin ed ether (ETH) sulla blockchain Ethereum. Investire in criptovalute significa acquistare e detenere questi asset con l’aspettativa che il loro valore aumenti nel tempo.
Le caratteristiche principali delle criptovalute sono:
Decentralizzazione: le criptovalute non sono emesse né controllate da banche centrali o governi, ma da un protocollo informatico che usa la tecnologia blockchain
Volatilità elevata: il valore delle criptovalute può fluttuare drasticamente in brevi periodi, quindi il potenziale rischio (e guadagno) è elevato
Transazioni globali e veloci: consentono trasferimenti immediati e senza confini geografici
Bitcoin, come l'oro, è spesso intesa come una riserva di valore (si parla di oro digitale), quindi viene acquistato per mantenere o incrementare il valore dei propri soldi, e non per prestare i propri soldi ad una azienda o ad uno Stato in cambio di un interesse. Bitcoin ha infatti una offerta limitata, ovvero potranno esistere al massimo 21 milioni di unità; la domanda invece può crescere o decrescere liberamente. Bitcoin è anche detto moneta energetica, in quanto rappresenta un modo, attraverso il meccanismo del proof-of-work, di immagazzinare e trasferire energia di scarto, ovvero che altrimenti andrebbe persa (ad esempio energia idroelettrica non usata durante la stagione delle piogge in alcune regioni cinesi).
Ether è invece più simile ad un consumabile (una sorta di petrolio digitale) che può essere speso sulla blockchain Ethereum per alimentare applicazioni di finanza decentralizzata (DeFi) o di scambio di collezionabili e arte digitale (NFT).
E' possibile investire in criptovalute nei seguenti modi:
Acquisto diretto: acquistare criptovalute su exchange affidabili come Binance o Coinbase pagando in moneta a corso legale, ad esempio in Euro. E' consigliato trasferire le criptovalute in portafogli crittografici (wallet) di cui si hanno le chiavi private per maggiore sicurezza (ad esempio hardware wallet come Ledger).
ETP su criptovalute: è possibile comprare sui mercati finanziari tradizionali dei fondi passivi che replicano il valore singole criptovalute. Negli USA esistono dal 2024 ETF sul prezzo di bitcoin e ether. In Europa esistono già da prima del 2024 strumenti simili chiamati ETN.
Azioni di aziende legate al settore: è possibile esporsi indirettamente alle criptovalute investendo in società che operano in questo settore, come exchange (Coinbase) o aziende che detengono grandi quantità di bitcoin (MicroStrategy) quotate in borsa.
C'è stata una lunga discussione negli USA se bitcoin e ether fossero delle commodity (materie prime) o delle security (come azioni e obbligazioni). A fronte dell'approvazione degli ETF sul prezzo spot di bitcoin e ether l'orientamento è che esse siano della materie prime.
Come per le materie prime, le criptovalute non generano di per sé interessi o dividenti ma gli eventuali guadagni provengono solo dall'aumento del prezzo. Usando la DeFi (Finanza Decentralizzata) posso però prestare (lending) o fare staking delle criptovalute ottenendo una rendita passiva, assumendomi però il rischio di (fallimento) della controparte.
I rischi connessi all'investimento in criptovalute sono maggiori rispetto agli altri investimenti finora visti. I principali sono:
volatilità elevata: i prezzi possono cambiare drasticamente in breve tempo, portando a guadagni o perdite significative
regolamentazione incerta: le normative globali sulle criptovalute sono ancora in evoluzione e potrebbero influire sul mercato. In Europa esiste un regolamento chiamato MiCAR (Markets in Crypto-Assets Regulation) mentre in Italia le criptoattività sono regolate fin dalla dalla Legge di Bilancio 2023
complessità tecnologica: per operare direttamente, ossia acquistare, vendere e detenere criptovalute occorre studiare bene la tecnologia sottostante (blockchain) e il funzionamento delle applicazioni decentralizzate su di essa. In particolare, un investitore diretto in criptovalute deve gestire il tema della sicurezza in autonomia e non lo può delegare ad una terza parte (come si fa con le banche e gli investimenti tradizionali). Questa complessità diminuisce se ci si affida ad exchange centralizzati o fondi passivi come gli ETN, ma in tal caso aumentano i rischi di controparte.
Una classificazione generale del rischio delle criptovalute è la seguente:
Tipo di criptovaluta/investimento
Livello di rischio
Motivazioni
Bitcoin (BTC), Ether (ETH)
Moderato
Le più capitalizzate
Stablecoin
Basso-moderato
Stabilità relativa, ma rischio legato alla solvibilità dell'emittente.
Altcoin
Alto
Potenziale di crescita maggiore, ma con alta volatilità.
Memecoin
Molto alto
Basati su speculazione, con poca o nessuna utilità concreta.
In base alle modalità di investimento e custodia il rischio è così classificato:
Modalità di investimento
Livello di rischio
Motivazioni
Self-custodial
Alto
Decentralizzato: rischio sicurezza e responsabilità di custodia
Exchange (custodial)
Alto
Centralizzato: rischio emittente e possibile confisca
ETP su criptovalute
Moderato
Minor rischio emittente e possibile confisca
La tassazione sulle eventuali plusvalenze generate dalla vendita di criptovalute è al momento del 26%. Eventuali minusvalenze generate sono compensabili con plusvalenze degli stessi strumenti (criptovalute, e non altro) entro 4 anni.
La è un registro digitale immutabile e decentralizzato che registra transazioni in modo sicuro e trasparente attraverso una rete peer-to-peer di computer. Ogni transazione è validata, raggruppata assieme ad altre transazioni in un blocco (una pagina del registro) e aggiunta al registro, collegandola al blocco precedente formando in questo modo una catena di blocchi che cresce nel tempo. La tecnologia blockchain usa pesantemente una parte della matematica chiamata crittografia che serve per nascondere segreti in modo che nessun malintenzionato possa venirne a conoscenza.